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Da Yohji Yamamoto sono abiti come tele su cui si è posato un pennello eclettico che ama pittura e dichiarazioni in egual maniera. «You are the sunshine of my life», si legge su una schiena. «Without the sun we’d have night», si scorge su una manica. «I look for myself», si intravede tra le asole. È poi l’artista, pittore o poeta, a prendere la passerella, con un’ideale uniforme di completo bianco, ampio nelle forme e lungo nelle camicie alla maniera dello stilista giapponese, sovrastato da un soprabito nero a dare profondità, non solo di pensiero. E l’anima creativa diventa rocker, maledetta appena nelle tese di cappelli che si rattrappiscono irrigidendosi in grinze e pieghe. Negli squarci delle giacche, risvoltati e fermati da bottoni a mezz’aria. Nella cascata di catene al collo su un guardaroba dark. Poi entra Charlotte Rampling, con quelle bretelle che sorreggono i pantaloni maschili quasi a citare la mise indimenticabile, e indimenticata dai più, de Il portiere di notte. Quel look oggi riadattato con nonchalance gentile al tempo che passa tra pants rilassati sotto una coprente maglia e sopra comode sneakers. L’attrice lascia spazio a un altro uomo, che porta in pedana maglieria destroyed fatta di incuranza e orditi stracciati. L’artista incontra la quindi strada, qualcosa che sa di streetwear e su cui Yohji Yamamoto scrive nella lingua madre. E Rampling, allenata negli ultimi anni alle passerelle (ha chiuso quella di Ami a gennaio dello scorso anno, ndr), torna per il finale.
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June 2024
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