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L’incipit dello show è intenso e powerful ma, mano a mano, la scena è conquistata da pezzi che smembrati dai look sono più semplici, come una camicia bianca, un trench, un blazer nero da smoking rivisitati grazie all’applicazione dei codici della maison. Può essere la metalleria di una borsa scomposta oppure il plastron che riproduce le dita dei piedi per realizzare la punta delle nuove sneakers. O, ancora, un gioiello gigante, un metro da sarto come rever, dei bottoni che riproducono labbra e orecchie. «È la stessa donna della couture, con il medesimo senso dello humor, ma con un mindset completamente diverso», ha proseguito Roseberry, che per la prima volta ha attinto alla cultura statunitense dello sportswear e del denim. Tessuti stretch per abiti seconda pelle si alternano a scultoree creazioni in denim, in un dualità tra silhouette sharp e forme più morbide. L’aragosta, simbolo surrealista della maison, viene riprodotta in cotone sulla gonna total white, pennellate di smalto rosso dipingono gli abiti mentre i tips usati per le unghie diventano squame fantastiche sul dress del finale indossato da Kendall Jenner.
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Il défilé è accompagnato da un remix come un inno dell’ultima canzone di Diana Ross. «I still believe in love», il ritornello, si ripete come «semplice ma determinata espressione di fede e speranza». Arrivano le modelle. I loro occhi sprofondano nel nero, cuscini imbottiti si avvinghiano alle caviglie in platform che si aprono in sandali. Le gonne rigorose e strutturate in pelle o denim lavato hanno la vita altissima, sono strette e lunghissime, e solo alla fine si aprono sul fondo riversandosi e strisciando. Si portano con top in jersey o leather che avvolgono e si drappeggiano sul busto. Altri che si imbottiscono quasi a creare protezioni come scudo. Volti freschi, con quei cerchietti bon ton da ragazze dei quartieri alti. Che si atteggiano però da raffinate signore cresciute. Con giacche e cappotti sartoriali dalle spalle boxy, forti, affilate. Con quelle borse da giorno tenute a mano. E l’eleganza si fa leggera, tra abiti see-through mossi dal soffio del vento. Su sandali che si allungano in gambaletti segnati da quella cucitura posteriore che diventa riga sensuale. Donne avvolte da veli impalpabili, sottili chiffon in nuance delicate che arrivano ad abbracciare i toni pastello, perdendosi in qualche picco blu Klein, un tocco becco d’oca, un più erotico rosso. I dress sono ora decorati da fiori dipinti, ora da piccole corolle come incrostazioni 3D. Tra lampi di lucido raso, arriva una sera dove la trasparenza si unisce a un pizzo impettito per ornare il décolleté. E quindi si stratifica, rivelando bagliori di layer sottostanti di reti di gocce come gonne. Le tuxedo jacket si avvitano sopra a skirt che si aprono in spacchi. Le sottovesti si allungano, si trasportano verso il basso come gli scolli che diventano profondi. Mirage è infatti il titolo con cui Julien Dossena riassume l’ultimo lavoro che sfila oggi in passerella. Atmosfere desertiche. Fruscio di catene, maglia metallica e metal mesh. Il tintinnio anticipa una guerriera ottomana che appare come una visione, preziosa fatamorgana emerge dal total white. In oro e argento à la Rabanne. O meglio, quella Rabanne secondo Dossena che lavora per dare un aspetto e una rilevanza contemporanei al glamour Sixties del marchio. È una donna vestita per combattere e comandare. Warrior e sultana, anche dea. Ora con quella cotta che diventa armatura, ora avvolta da drappeggi e alti calzari. Vinile bordeaux su mantelli e completi dai volumi insistiti, mentre un velluto dai colori cangianti si staglia su dress tagliati dritti dai colori a contrasto. Slipper e stivali pelosi sono l’ultimo omaggio a questa creatura in metamorfosi. E in piena decostruzione sono anche le giacche o i capospalla in cui le cuciture a vista sembrano il frutto di un collage eteroclito. Bellissimi i collier dorati che si avvolgono sul collo, si arrampicano sulla guance o scendono laterali, sinuosi e magnetici. Nemmeno il recente furto della collezione ha fermato Olivier Rousteing, che porta sotto i riflettori al Teatro Chaillot un caleidoscopio di rose realizzate ora in plexiglass ora in plastica lucida per abiti scenografici come sculture tridimensionali. Le rose si moltiplicano anche sui ricami e sulle stampe per dare vita a una fioritura artificiale interrotta solo dagli iconici pois di Balmain. Mentre abiti corti si schiudono in plissé soleil danzanti sul corpo. Nella sala scura, incalzanti su una passerella su cui sono deposti lampadari decadenti, i look si succedono in una sinfonica armonia di opposti: abiti che coprono metà corpo, tablier di crinoline e pompon di tulle che spuntano come code dietro la gonna a palloncino. Nel finale la creatura ibrida di Jun Takahashi avanza solenne indossando una gonna-serra in cui fioriscono rose e gelsomini. Su ballerine dalla zeppa futurista, luminose come lucciole, diventano nutrici della natura di un mondo futuro. Uno spazio grezzo dove porte e infissi conservano una boiserie preziosa. Che è quasi una metafora. Perché la passerella si stringe e gli ospiti accarezzano le precise ma eteree nuvole firmate Cecile Bahnsen. Meno voluminose, forse, ma ancora romantiche con quei lunghi nastri di organza come strascichi che ondeggiano. Mentre il compositore August Rosenbaum immagina un nuovo livello di intimità coinvolgendo «il respiro» della cantante Suki, si sfiorano i minuziosi dettagli, prima di vederli scomparire tra le stanze. Un espediente per mostrare il craftswomanship che si cela dietro la leggerezza dei look della stilista danese Dalla linearità dei primi look, costruiti sulla monocromia di trench, completi mannish con shorts e pantaloni cargo si passa presto a una sequenza di righe rugby che esplodono sugli abiti asimmetrici, sulle sciarpe che diventano top o giacche drappeggiate e sui bomber. La camicia maschile è allungata e rivisitata nelle proporzioni per diventare abito. Denim lavato dà vita a giacche e ad avvolgenti coat. Il finale è un crescendo di perle che si posano su scarpe, che esplodono come una pennellata sul fronte dei capospalla mentre gocce di paillette rifulgono sui dress sottoveste. |
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June 2024
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