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Il jazz psichedelico e ipnotico dei Glass beams, l’enigmatico trio di Melbourne che attinge da un patrimonio indiano e sudasiatico, apre lo show di Undercover. Che sceglie oggi una passerella per svelare il suo uomo a Parigi, abbandonando lo spazio delle presentazioni. Li si vede con il volto coperto da quelle gabbie incrostate di cristalli con cui si è imparato a conoscere la band, mentre sullo sfondo del défilé, immaginato dal genio creativo di Jun Takahashi, portano la loro fusione di culture e suoni trasmessi attraverso un prisma di strumentazione in presa diretta ed elettronica diy. Un mondo mistico, che trascende i confini di spazio e tempo. Ibrido alla maniera della pratica del decostruzionista giapponese Takahashi. In pedana, anche i modelli celano gli occhi dietro reti di pizzo, ancora velette e già mascherine. Mentre sul capo svettano corone di foglie dorate, altre di spilli appuntiti come aculei, il guardaroba fonde sartoriale, streetwear e athleisure con l’ambiguità estetica che contraddistingue il marchio. E si rivela la collaborazione con Champion, i pantaloni della tuta si croppano, la hoodie si abbina a collane di intrecci come merletti di perle da ritrattistica d’antan. C’è una buona dose d’arte. Nuvole come stampe per citare il titolo della sfilata, Lost cloud. Nubi alla maniera di camouflage. E poi quei print sfocati di (forse) visi di cui rimane un alone confuso. Windbreaker couture si aprono per fluttuare nell’aria. Le zip si fanno doppie, triple, i pantaloni corti si tagliano ben sopra la caviglia, i blazer sono over e slouchy con trine come fazzoletto da taschino sotto le larghe tese dei cappelli. Arrivano damascati, giacche rifinite da catenelle gold, pattern barocchi. E infine gonne di pieghe che si allungano tra prove pittoriche.
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June 2024
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