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Tra le volte in ferro, un manto bianco si alza, si gonfia d’aria, poi si abbassa. Una collina che respira. Come il suono di quei polmoni che inspirano ed espirano, che avvolge la sala immacolata come caduta in un secchio di vernice total white. Entrano i coat, una batteria di trench re-immaginati per avvolgere e coprire, con quei cappucci quasi passamontagna, con quegli occhiali scuri a celare lo sguardo. Come scudi, forse per affrontare un presente instabile di tensioni politiche e sociali. Ma le donne Courrèges sono forti, sensuali, addirittura pronte a spogliarsi in un crescendo di sexiness e trasparenze. Gli stivali altissimi, ben oltre la coscia, avvinghiano le gambe. Le interferenze viniliche della maison giocano con il guardaroba. Quando quella fusione di gonna e pantaloni cara a Di Felice calca la passerella, il top è alleggerito come un rettangolo a coprire il busto fissato su un velo di rete nude. Le tasche orizzontali a filetto à la Courrèges si spostano, ne rimane una sola, frontale, all’altezza del pube. Impone una gestualità precisa, perché qui si infila la mano. Sessualità minimalista, erotica in un certo qual senso. Un kink appena perverso. Come quella canottiera che si allunga, il cui fondo è strategicamente tagliato come una scollatura di un tank top ribaltata e aperta di spalline fluttuanti, issata su boots di latex trasparente. In altri dress, il tessuto si riavvolge per tornare al décolleté. Quindi compaiono micro bras. E pezzi trasparenti coperti di filamenti aerei che ondeggiano evocando piume ridotte al loro rachide. Prova di quell’esercizio di sottrazione che per la casa è un feticismo e che ora ha un accenno fetish. Fusione perfetta del tocco belga del talento della dura Charleroi di Nicolas Di Felice e dell’heritage di futurismo minimal di Courrèges.
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«È una donna audace, che mescola alto e basso, prende il tempo per sé, è tenera ma forte. Decide cos’è il daywear e cosa l’eveningwear e combina i capi come preferisce». Dries Van Noten descrive così le sue femme che sfilano in un edificio in ristrutturazione con le labbra laccate e grosse frange a coprire il volto. Il designer belga mescola grazie al gusto per il colore e alla sensibilità che lo caratterizzano elementi contrastanti in una collezione che, come una sinfonia, va a comporsi nota dopo nota. L’incipit gioca su coat dalle forme arrotondate, su silhouette morbide tra pantaloni arricciati da un elastico alla caviglia e gonne allungate. Strette al braccio maxi borse di lana lavorata come pelliccia. «La mia femme combina una giacca ricamata con una semplice camicia da uomo», ha poi aggiunto il designer. «Anche i materiali sono contrastati. Si va dai super trasparenti agli stretch fino alla fake fur. Ci sono dei pezzi con un’alta percentuale di lycra sviluppati in Belgio per la danza, un mondo che mi affascina molto. La maglieria e le pellicce sono invece pensate per avvolgersi e per proteggersi». I colori e le stampe sono combinati in maniera molto spontanea e la loro intensità dipende dalla lunghezza delle fibre e dalla corposità dei materiali. Bagliori di frange di cristalli illuminano le cappe, i pantaloni maschili, compaiono come dettagli sui capi più quotidiani. Mentre il finale si accende in un’esplosione di blu cobalto, rosa, verde e toni accesi. L'ultimo spettacolo di Undercover ha profondamente risuonato con la sua struggente rappresentazione del valore della vita quotidiana, ispirata al film di Wim Wenders "Perfect Days". Ha tratto ispirazione dal protagonista del film, un pulitore di water di Tokyo che trova bellezza nel mondano. Takahashi ha incorporato l'essenza del film nella sua collezione, con capi reinventati da tutti i giorni intrisi di tessuti unici come chiffon e stagno metallico. Allo show di Ester Manas i punti salienti includono stratificazioni, dettagli sovrapposti, ruching, tonalità di giallo e acqua. Stampe leopardate e texture trasparenti, insieme a eco pelliccia Cancan e cuoio made in France. Gabriella Crespi e Marc Bohan. La fine degli anni 60 come epoca di rivoluzione del costume in Francia con l’arrivo del prêt-à-porter. Silhouette corte e ad A, il concetto di portabilità e la riproducibilità tecnica dell’opera di moda. Maria Grazia Chiuri ritrova se stessa ancora una volta nel designer che per un trentennio guidò lo stile di Dior. «L’ho sentito molto vicino a me perché è arrivato nella maison quando c’era un cambiamento, rivoluzionando i codici di quella che storicamente era sempre stata una maison couture», ha spiegato Chiuri. Bohan fu anche l’inventore di Miss Dior, una linea pensata per le figlie delle clienti della couture ed è a quel mondo che la stilista si accosta con una collezione dalle linee corte e geometriche, con pezzi chiave come il trench o il blazer perfetto riletti grazie a slogan ispirati ai foulard dell’epoca, ad abbottonature dorate o a profilature metalliche che richiamano i dettagli in bronzo dei lavori di Gabriella Crespi Camicie rovesciate, giacche sartoriali ispirate ai militari con toni metallici Alla fine di Ottobre Vittoria e Tomas visitarono nuovamente il famoso Museo Rodin di Parigi. Questa volta l'iconica scultura "Le Baiser" ha catturato la loro attenzione. La leggerezza dei movimenti caldi a contrasto con il marmo freddo e pesante. La mano dell'uomo intreccia il corpo della donna con passione e protezione. Allestimenti sportivi e abiti che possono essere indossati in ogni occasione intersecano la passerella, esprimendo una varietà di stili con un passaggio graduale alla vita quotidiana. |
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June 2024
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