I volumi sono fluidi, le categorie sono ibride. Giacche decostruite con colletti bassi o alla coreana, quasi da film di science fiction, à la Gattaca. Cappotti duster, top a collo tondo che diventano giacche, bomber che si trasformano in camicie. Nasce l’Oasi lino. certificata tracciata, perché «il lino è il cashmere dell’estate». Le boxy jacket con maniche a tre quarti introdotte la scorsa stagione vengono riproposte. I pantaloni sono ampi, gli shorts e le tute aggiungono un tocco pragmatico alle silhouette. Linee irregolari corrono all’esterno e all’interno dei capi e delle fodere, sottolineando il contrasto tra uniforme e non. Le strisce, che sembrano pennellate, creano motivi testurizzati e jacquard.
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Una grande matita nera domina la scena entrando nella sala sfilate di via Borgonuovo. Giorgio Armani accoglie lo spettatore con questa immagine che ricorda, racconterà lo stilista a fine sfilata, come il suo lavoro sia fatto: «a partire da una matita e da un foglio bianco». Tutto ruota attorno alla giacca e al pantalone, elementi essenziali del guardaroba maschile riletti grazie a sapienti giochi di trame sui tessuti, ammorbiditi da lini impalpabili e da sete stampate con fantasie cravatteria o da disegni geometrici che evocano «la prima collezione uomo che ho fatto», aggiunge Armani. Il blu è interrotto da tocchi di colore. Tra le mani un cappello classico ma rosso carminio. Qui, maschile e femminile danzano insieme, informando i reciproci guardaroba. Tra grafiche sci-fi, pattern floreali e disegni di cerchi nel grano. C’è equilibrio in un’ode alla personalizzazione dei capi con cui è possibile giocare grazie a colletti bijoux staccabili e pantaloni cargo modulabili. Mentre il designer, che ha appena rinnovato la sua partecipazione al progetto S|Style di Pitti dedicato ai talenti internazionali della moda sostenibile, continua a puntare sulla responsabilità come percorso. La collezione utilizza infatti un 40% di tessuti recuperati e celebra la maestria artigiana indiana attraverso ricami realizzati a mano e tessuti confezionati a telaio. E a coronare la sfilata, ecco la nuova collaborazione con Marsèll per le calzature, ma anche quelle con Huma Eyewear e Vann Jewelry Il set industriale (e caldissimo in assenza di air conditioning) è scandito da geometrie bianche e azzurre. Jonathan Anderson torna con una voglia di pulizia che si concentra su segni grafici come righe e pois. La prima uscita è come sempre statement, concettuale: uno short nero con una gamba larga quasi il doppio dell’altra, in cui la tasca diventa una sorta di terza gamba e la mano appoggiata all’interno. Segue un gilet azzurro di maglia dal doppio cannolé che avvolge le spalle come la fascia di un sindaco creando volumi vagamente egg. Costruzione e decostruzione, utility e surrealismo. Le prime uscite femminili giocano tra draping e remborsé su corte silhouette in color assenzio polveroso. E poi i soprabiti rimontati al contrario con lunge fasce che scendono dai polsini. I pois giganti evocano le opere di Damien Hirst mentre greche tridimensionali si sviluppano sulla maglieria e sui completi come nelle opere di Thomas Demand. Lo show monta , con abiti trapezio quasi esplosi dal cartamodello, in un gioco di cross dressing so Brit. L’abito tradizionale dei Caroleans del 1660 sono reinterpretati con calzamaglie fosforescenti. Le sneakers ricalcano scarpe col tacco che poteva portare Luigi XIV. Il creativo scozzese Loverboy, figlio di un ufficiale dell’esercito, gioca con versioni reloaded del tartan. Armature moderne sempre ripensate. E le ceramiche pre-loved dello scozzese Josiah Wedgewood rivivono sui print e sugli abiti in attesa di una capsule Loverboy x Wedgewood. La passerella di Prada subisce una mutazione live. Uno slime cola dal soffitto, disegnando pareti effimere tra le griglie di metallo che ricordano un’astronave dalle atmosfere fantasy. Sono architetture fluide come i look dei modelli che rileggono i capi cardine del guardaroba con una visione. Vita alta e stretta, così come i fianchi, con spalle esaltate. Ma allo stesso tempo volevamo liberare il corpo, consentire facilità e duttilità di movimento». Arte, dinamicità, un filtro per rileggere il quotidiano tra jeans e reporter jacket. Tra stampe di fiori sulle camicia e decor tridimensionali. «Per arrivare a questo risultato di liberare il corpo ci siamo dovuti chiedere cosa fare», hanno continuato i due designer. «E allora siamo partiti da un ground zero, dalle fondamenta, cioè da una camicia bianca. Ogni pezzo è costruito come una camicia, non c’è nessun supporto all’interno. L’unico supporto in realtà è l’epaulette, la spallina che volendo si può rimuovere. Gli accessori con molte tasche hanno un approccio utilitarian, ma anche lì c’è l’influenza di un artista come Joseph Beuys. per la spring-summer 2024 attinge alle pagina di un libro di Cesare Ripa dedicato alle allegorie. Le immagini dei vizi e delle virtù diventano decorazioni jaquard su T-shirt boxy o mimano tatoo sulle maglie seconda pelle. Leggerezza, volumi morbidi, colore, accenti etnici, tessuti patch raccontano un’estetica legata all’artigianalità. Una festa per gli occhi, un barocco pittato, un mondo upside down, tra T-shirt con smiley che si stanno sciogliendo in smorfie bizzarre, print anni 80 e stratificazioni di capi e tessuti che compongono la partitura di un rondò psichedelico. In cui c’è posto per décolleté come bucce di banana (rigorosamente quella di The Velvet underground & Nico) e amici a quattro zampe portati sulla spalla. Sottosopra anche la sartoria maschile, che in un atto di ribellione al patriarcato si veste di pannelli di stoffa a fiori e piccole balze romantiche Woolrich Spring Summer Brett Johnson Spring Summer Harmont & Blaine Spring Summer Kiton Spring Summer Lo show Emporio Armani s-s 2024 gioca con un esotismo, trasfigurato dall’effetto notte di capi pensati per scorrere su tutte le ore, perché la sera è un modo di essere, e anche di giorno si può brillare. Come dimostrano i look in prima fila di star come Thomas Doherty di Gossip girl o i nostri Lazza e Sangiovanni. La palette è come illuminata dal chiaro di luna, tra bianco, sabbia e nero, mescolati tra loro o giocati in monocromia. La silhouette è fatta di linee liquide che toccano appena i muscoli. Giacche chimono, lunghi spolverini, pantaloni molto ampi, tuniche senza maniche e poi ancora maglie ricamate, short, blazer. Nel gioco teso e sensuale di sottrazione, ricorre un ginkgo stilizzato come stampa, jacquard o gioiello. |
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June 2024
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